LA COLLATURA
Al contrario di ciò che si pensa la colla non è aggiunta nel tino, bensì successivamente, quando il foglio, ormai formato, è immerso in un bagno di gelatina animale.
E’ la maggiore o minore collatura che rende il foglio di carta più o meno tenace.
Il procedimento della fabbricazione della carta appare arcaico; ciò nonostante è singolare che i fogli preparati nel modo suddetto mostrino una qualità veramente elevata.
Da quando, infatti, intorno al 1650, alla colla tradizionale viene aggiunto l’allume (solfato doppio d’alluminio e potassio, che serve come induritore ed essiccante e possiede proprietà fungicide), cominciano i guai.
I cartai dell’epoca, a causa delle loro scarse conoscenze chimiche, infatti, non si rendono conto del danno di questa sostanza che si riassume in una caduta del ph da 7.0 a 5.6, cioè un au-mento considerevole dell’acidità; quest’aumento rende estremamente più fragili le carte del XVII secolo rispetto a quelle più antiche.
In particolare si è osservato, su campioni di carta da scrittura in uso nella seconda metà del XVII secolo, che l’acidità della carta è aumentata di ben 16 volte rispetto a quella della prima metà del secolo; inoltre la resistenza meccanica alla piegatura si è abbassata di 2/3.
Parallelamente allo sviluppo tecnologico ed alla sperimentazione di nuove sostanze si ha un progressivo ma costante peggioramento della qualità della carta.
Nel 1774, quando il chimico svedese Schele scopre il cloro, il danno aumenta notevolmente.
E’ divenuto possibile sbiancare gli stracci colorati con cui produrre la carta; il cloro, però, è un po-tente ossidante e siccome è usato in modo indiscriminato ed eccessivo, i suoi residui nella carta, in combinazione con l’umidità atmosferica producono acido ipocloroso, dannoso per le fibre.
Molto meglio non è andata quando ai primi dell’ottocento si è cominciato ad introdurre nell’impasto la colofonia addizionata alla soda, infatti, se da un lato essa rende la carta perfetta per la scrittura, dall’altra sviluppa acido solforico il quale degrada irrimediabilmente il foglio.
Si è visto come trascorrendo i secoli la carta sia divenuta sempre più acida e quindi meno conservabile; se osserviamo il processo di fabbricazione del XV secolo si può notare che l’acidità non è presente, non certo perché allora ne riconoscessero la presenza, bensì perché le sostanze utilizzate, l’acqua di calce per sbiancare o l’acqua dura (quindi ricca di carbonati), per miscelare le fibre, svolgevano un’azione tampone essendo alcaline; mantenevano in altre parole il ph neutro, né più né meno quello che si cerca di ottenere oggi.
Bisogna attendere il nostro secolo per rendersi conto in modo scientifico di tutti questi fenomeni; un grande impulso è derivato dall’esigenza di conservazione dei documenti negli archivi e nelle biblioteche.