Dentro lo studio molti trespoli, marmi e attrezzi vari, ed anche, ovviamente, le sue sculture; Lorenzoni, l’esecutore delle opere di Mastroianni, per il quale ha lavorato a lungo realizzando sia le prime opere figurative che le composizioni degli anni ‘70/’80; e di una decina di altri scultori torinesi, amava lavorare certe pietre di fiume che personalmente andava a cercare nella Dora o in altri torrenti di montagna, quando ne aveva l’occasione; non disdegnava certamente il marmo della sua Versilia, ma in lui, certe durezze delle pietre, probabilmente stimolavano un processo creativo ricco e profondo; la cultura della sua Toscana, dopo il suo trasferimento a Torino, avvenuto negli anni trenta, era stata lentamente sostituita da quell’aria del novecento che in quegli anni si respirava in città.
Così proprio la vicinanza di Mastroianni, più di altri, lo avevano condotto ad esplorare le tematiche ancora vicine al quel dinamismo futurista che gli fu sempre caro.
Negli anni settanta iniziai a lavorare in p. Fontanesi collaborando con Pietro Lorenzoni alla realizzazione delle opere in marmo dei vari artisti torinesi che in p. Fontanesi portavano i loro modelli.
Il primo lavoro fu un rilievo di Tarantino in travertino, una visitazione.
Seguirono alcune opere di Mastroianni (l’autore forniva un modello di gesso del suo lavoro che veniva trasformato in marmo. Il lavoro iniziava con la scelta del materiale più idoneo per poi tradurre in esso l’opera, eseguita sino alla levigatura).
Nello stesso periodo lavorai ad opere (con le modalità suddette) di Giuseppe Penone (granito nero) e Giovanni Penone (marmo bianco di Carrara),
Di Aldo Dezza eseguii un ingrandimento con i compassi di un bozzettino allo scopo di trarne una fusione in bronzo.
Di Martinazzi sbozzai un paio di piccole sculture.
Di Lorenzoni stesso modellai in polistirolo un modello in grandezza al vero per un monumento da collocare a S. Remo.